In inverno l’attività nell’ospedale di guerra di Emergency a Lashkar-gah, in Afghanistan, cala rispetto al resto dell’anno. Cala nei numeri, non nelle tragedie che la popolazione civile patisce.
Razia viene da Babaji, un villaggio dove si combatte ormai da anni. Stava tornando a casa a piedi, con la sua famiglia, quando «dei soldati» hanno cominciato a sparare. Razia ha un femore fratturato, uno zigomo rotto e una vasta ferita alla testa. Ci mostra anche la ferita da proiettile che l’ha colpita a una mano un anno fa. Ha 7 anni ed è già “veterana di guerra”.
Due letti prima di lei Juma Gul, 5 anni, sta mangiando del riso. Ha metà del viso coperto dalle medicazioni e la gamba sinistra fasciata. Era di fronte a casa, a Grishk, quando è esplosa una granata.
Mohammed Wali ha 8 anni e viene da Marjah, un altro villaggio martoriato dalla guerra. Ha appoggiato il piede su una mina mentre ritornava dal bazar. Ha camminato fino a casa, con il piede dilaniato. Il padre l’ha portato immediatamente al nostro ospedale, ora un grande bendaggio gli copre il moncone appena sotto il ginocchio.
Tutto questo nell’arco di una settimana, d’inverno, quando i “numeri” calano.
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