mando via un paziente oncologico, che tornava a controllo per valutare una complicanza, ed entra la mamma di una collega che lavora in ambulatorio. Si chiacchiera un pò (ci si incontra per la prima volta) e viene fuori che il paziente che avevo appena mandato via è uscito sorridendo.
Non vi nascondo che mi ha fatto molto piacere: tornava a controllo per una complicanza, abbastanza seria, della sua malattia oncologica ed il controllo mostrava uno stato stazionario; quando ho comunicato la notizia è rimasto di stucco: era convinto di esser guarito, tra l’altro non aveva portato i precedenti (che per fortuna ho trovato nel nostro archivio, nel suo caso fondamentali per potersi esprimere su eventuali cambiamenti) e riferiva di miglioramenti nel tempo che invece gli esami refertati non segnalavano.
C’è voluto un bel pò per fargli capire che la sua situazione è lo standard, che si migliora – eventualmente – in tempi molto più lunghi, che questi primi controlli sono diretti più ad escludere peggioramenti !
Si trattava, tra l’altro, di un paziente giovane (rispetto agli standard) che però aveva autonomamente elaborato la sua situazione ed i futuri sviluppi pensando che alcune modifiche alla terapia significassero che stava guarendo/era del tutto guarito.
Nei tempi – purtroppo brevi – che abbiamo a disposizione, nella costante necessità di garantire rapidità ed accuratezza della procedura diagnostica e di non perder tempo per poter esaudire il maggior numero possibile di richieste talvolta non si riesce a dare il giusto risalto al dialogo con il paziente; mi ha fatto piacere pertanto avere una conferma, non richiesta ed imparziale, che nonostante la brutta notizia il paziente era uscito contento dall’ambulatorio.