dal blog di Vittorio Zambardino, riporto pari pari il post
Un bavaglio alla rete lo metteranno ma non è quello denunciato dal frate cappuccino, che nessuno conosce, all’agenzia Agi ieri pomeriggio. Il bavaglio lo denuncia Guido Scorza, giurista e advocate di rete: col testo che passa oggi con la fiducia alla Camera, quello sulle intercetttazioni telefoniche, arriva anche per i siti informatici – e quindi in prospettiva per i blog – l’obbligo di rettifica entro 48 ore e in mancanza di tale adempimento una pesante pena pecuniaria.
Il post di Scorza è questo.
Ora di questa misura si potrà discutere e si dovrebbe. Anche perché arriva nel quadro di un vero, pesante bavaglio di ricatto economico posto su tutta la stampa libera, come documenta Giuseppe D’Avanzo su Repubblica di oggi: sanzioni pecunarie gravissime sugli editori perché vigilino e censurino i giornalisti alle prese con le inchieste della magistratura.
E invece, da giorni e settimane, veniamo spammati dal falso allarme del “bavaglio” a internet che proverrebbe dall’approvazione dello “emendamento D’Alia” nell’ambito del decreto sicurezza. Qui si è invano tentato, già parecchi giorni fa, di dire che si tratta di un errore. Perché l’emendamento D’Alia, che prevedeva gravi sanzioni per una serie di comportamenti di rete, era stato sì approvato al Senato, ma in seguito cancellato da un voto “bipartisan” alla Camera. Come confermato direttamente all’autore di questo blog da deputati dei due principali gruppi parlamentari.
E invece no. L’appello del frate cappuccino circola, passa da un’agenzia e grazie a qualche automatismo perfido si guadagna perfino la presenza sui giornali on line, sulla Stampa si indigna Giacomo Galeazzi. E, com’è a questo punto ovvio, spopola sugli agggregatori. Con richiami a testi parlamentari che sono stati superati dai fatti e ad appelli su facebook i cui autori non si sono preoccupati di documentare il “cessato allarme”. E allora ecco il testo integrale del decreto sicurezza così come è stato approvato. E speriamo che questa volta ci se ne faccia una ragione: andate all’articolo 60, che era quello che recepiva l’emendamento D’Alia, e vedrete che accanto ai diversi paragrafi, nella colonna di destra c’è scritto per 5 volte di seguito e per tutto l’articolo: soppresso.
Il bello – e il tragico – di questa vicenda è che non solo coincide con un momento drammatico per la libertà di espressione, che la rete sta ignorando alla grande, ma realizza un effetto di “al lupo al lupo”, che renderà impossibile poi l’informazione corretta quando i disegni di legge realmente censori della rete, che alcuni esponenti della maggioranza hanno nel cassetto, arriveranno in discussione in parlamento.
Coraggio, cari blogger e utenti di Facebook, con la stessa puntualità con la quale avete riportato l’allarme, ora si dissemini la correzione di questa notizia falsa. Devo un ringraziamento ad Alessandro D’Amato che ne ha scritto nelle prime ore di stamattina e ad Alessandro Gilioli che ha già raccolto il mio appello a realizzare informazione corretta su questo punto.
Leggi anche l’editoriale di Giuseppe D’Avanzo