dice l’antico adagio
Sembra che affrontare gli impegni di tutti i giorni senza gioia e allegria moltiplichi i rischi di una morte prematura. A mettere in guardia brontoloni e anime tristi è uno studio nipponico, pubblicato su Psychosomatic Medicine. Secondo la ricerca, firmata dal team di Toshimasa Sone della Tohoku University Graduate School of Medicine di Sendai, a insidiare la vita dei ‘calimeri’ sono soprattutto gli acciacchi cardiovascolari, ma non mancano pericoli diversi: i ricercatori puntano il dito sul suicidio.
La ricerca è la più vasta mai realizzata finora per investigare su come l’ikigai – ovvero la gioia e il senso di benessere legato al semplice fatto di essere vivi – influisca sulla mortalità. I ricercatori hanno arruolato 43.391 uomini e donne dai 40 ai 79 anni, tutti residenti nella regione di Ohsaki, seguendoli per 7 anni. In questo lasso di tempo 3.048 persone sono morte. All’inizio dello studio tutti hanno dovuto compilare un questionario, e alla domanda sulla presenza o meno di ikigai nella propria vita, il 49% ha risposto affermativamente, il 36,4% si è detto incerto e il 4,6% ha detto di no.
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che le persone prive di ikigai sono risultate anche più spesso single, disoccupate o comunque senza lavoro, meno istruite, con più problemi di salute, più stressate e soggette a dolori fisici. Dopo aver aggiustato i dati per tener conto anche di questi fattori, i ricercatori nipponici hanno scoperto che le persone prive di senso di ikigai erano comunque più a rischio di morire nei 7 anni di osservazione, rispetto ai coetanei che conoscevano la gioia di vivere. Una relazione indipendente anche da una storia di malattie o abuso di alcolici. Insomma, sembra proprio che sorridere alla vita regali anni in più. In generale le persone prive di ikigai sono risultate il 50% più a rischio di morire per qualsiasi causa nel periodo di follow-up rispetto ai coetanei ben consapevoli della bellezza della vita. Inoltre, nel caso di eventi mortali esterni (differenti cioè da malattie) si è visto che su 186 morti ben 90 erano dovute a suicidio.
Sembra che affrontare gli impegni di tutti i giorni senza gioia e allegria moltiplichi i rischi di una morte prematura. A mettere in guardia brontoloni e anime tristi è uno studio nipponico, pubblicato su Psychosomatic Medicine. Secondo la ricerca, firmata dal team di Toshimasa Sone della Tohoku University Graduate School of Medicine di Sendai, a insidiare la vita dei ‘calimeri’ sono soprattutto gli acciacchi cardiovascolari, ma non mancano pericoli diversi: i ricercatori puntano il dito sul suicidio.
La ricerca è la più vasta
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che le persone prive di ikigai sono risultate anche più spesso single, disoccupate o comunque senza lavoro, meno istruite, con più problemi di salute, più stressate e soggette a dolori fisici. Dopo aver aggiustato i dati per tener conto anche di questi fattori, i ricercatori nipponici hanno scoperto che le persone prive di senso di ikigai erano comunque più a rischio di morire nei 7 anni di osservazione, rispetto ai coetanei che conoscevano la gioia di vivere. Una relazione indipendente anche da una storia di malattie o abuso di alcolici. Insomma, sembra proprio che sorridere alla vita regali anni in più. In generale le persone prive di ikigai sono risultate il 50% più a rischio di morire per qualsiasi causa nel periodo di follow-up rispetto ai coetanei ben consapevoli della bellezza della vita. Inoltre, nel caso di eventi mortali esterni (differenti cioè da malattie) si è visto che su 186 morti ben 90 erano dovute a suicidio.