il senso del tempo

riporto un articolo di Carlo Petrini (presidente di Slow Food) che ho trovato particolarmente interessante chè sempre più spesso mi capita di visitare pazienti ultrasettantenni (quindi pensionati) stressati ………….

Forse, semplicemente, stiamo diventando tutti un po´ matti. Può succedere. Tra qualche secolo, quando gli storici proveranno a capire come le società post-industriali si sono giulivamente avviate al collasso, studieranno questa specie di virus, questa sommessa epidemica follia che, poco per volta, ci sta contagiando tutti. Il primo sintomo è la perdita del senso del tempo: ci sembra di non aver tempo e corriamo ai ripari, travolti da una specie di allucinazione di massa, che ci fa pensare di dover andare di corsa. Lo dico da vent´anni, ma lo ripeto a costo di fare io la parte del matto. Se non ripensiamo al tempo non riusciremo a venirne a capo.

Se adesso anche i pensionati sono entrati nel coro del «non ho tempo», vuol dire che l´allucinazione è totale, ha coinvolto anche coloro che – a rigor di logica – hanno accesso, più di tutti, a quella straordinaria risorsa. Il pensionato che compra le insalate di quarta gamma dà il segnale che è ora di introdurre, urgentemente, degli anticorpi nel sistema. È così che possiamo iniziare a versare gocce di lenimento su questa società urticata dalla sensazione di non aver più tempo.

Tutti i giornali, quotidianamente, ci fanno i conti in tasca traducendo in termini di spesa per famiglia qualunque refolo del mercato. Il petrolio a 100 dollari al barile, 450euro in più per famiglia; aumentano i prezzi dei trasporti, 100 euro in più a famiglia. Presto monetizzeranno anche il resto: non osano ancora tradurre in costi per famiglia gli innalzamenti dei livelli ormonali in primavera, ma poco ci manca (al calcolo monetario della malinconia da fine vacanze estive, curata a botte di shopping, ci sono già arrivati).

Ci propinano quei conteggi come se le persone che compongono le famiglie fossero semplicemente ingranaggi di un meccanismo senza volontà, senza capacità di discernimento. Dimenticando che gli accorgimenti che ognuno di noi può quotidianamente adottare non solo per risparmiare denaro, ma anche per migliorare, al contempo, la propria qualità di vita, sono praticamente infiniti. Ma evidentemente dimenticando anche che se ci possiamo permettere di pagare l´insalata 20 euro al chilo, il prezzo del petrolio è l´ultimo dei nostri problemi. Insomma, qualcosa non quadra, occorre davvero fermarsi e pensare a come stiamo impiegando il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre esistenze.

Per preparare una pasta asciutta occorrono circa 15 minuti, includendo anche il tempo di fare (mentre la pasta cuoce) un soffritto semplice in cui far andare i pelati. Per mangiarla, se uno proprio decide di prendersela comoda, ci vogliono circa 10 minuti. Per lavare una porzione di insalata occorrono al massimo 10 minuti, ma deve essere molto sporca, piena di terra, se no ne bastano meno. Due minuti per tagliarla, qualche secondo per condirla, 5 minuti per mangiarla. Meno di 20 minuti in tutto. Quando la si lava, se ne può lavare un po´ di più, con un netto risparmio di tempo al prossimo pasto.

Non è vero che non abbiamo quel tempo. È che lo perdiamo, continuamente, facendo cose inutili, come girovagare nelle corsie dei supermercati comprando cose idiote. O forse non lo abbiamo perso, ma non lo vediamo più, non siamo più capaci di vederlo perché abbiamo riempito le nostre giornate di impegni per non dire mai a noi stessi: non ho nulla da fare, come fosse un insulto, la dichiarazione del nostro fallimento. E con la quantità abbiamo perso di vista anche la qualità del tempo: ci sembra tempo ben «speso» solo quello in cui abbiamo prodotto qualcosa di tangibile, o se siamo in pensione, quello in cui abbiamo acquistato qualcosa di tangibile. Tutto il resto, compreso il tempo dedicato alla salute nostra e del sistema in cui viviamo, ci pare tempo sprecato. Come il mercato fosse riuscito a convincerci che meritiamo meno attenzioni ed energie di un´insalata mista di quarta gamma.

Proviamo, invece, a chiederci cosa ce ne facciamo del tempo che pensiamo di aver risparmiato acquistando le insalate pronte. Proviamo a chiederci, proprio come fanno i giornali, quanto spendiamo al mese per acquistare cibi carissimi perché addizionati di servizi e non di sostanza. Magari scopriremo che se acquistassimo cibo meno «lavorato» avremmo bisogno di meno soldi per la spesa mensile. Il che significa che forse potremmo usare quei soldi diversamente. Oppure – sarebbe la rivoluzione – potremmo decidere di lavorare di meno, perché quei soldi non ci servono. Ci ritroveremmo così con un sacco di tempo a disposizione. È strano vero? Ci pareva che l´insalata di quarta gamma ci facesse risparmiare tempo, e invece può essere che il tempo ce lo rubi proprio lei. Pochi minuti per consumarla e poi subito a lavorare per ricomprarla.

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