Una signora viene ricoverata in ospedale dove viene formulata da parte della dottoressa che la prende in carico una prima diagnosi di patologia cardiaca di notevole gravità ed a prognosi assai incerta.
Dopo molti mesi dal ricovero ed in seguito ad ulteriori accertamenti (NdS il che lascia pensare che la conclusione del caso era tutt’altro che semplice) la diagnosi viene fortunatamente modificata verso una condizione clinica di molto minore gravità.
Il marito della signora a questo punto cita in giudizio la dottoressa che aveva formulato la prima diagnosi sostenendo che in seguito alla notizia aveva presentato un forte trauma emotivo con conseguente danno alla sua integrità psicofisica e chiedendo un notevole risarcimento economico.
Il Tribunale ha respinto la richiesta, dichiarando che l’operato della dottoressa era stato del tutto corretto e professionalmente e deontologicamente adeguato. Al ricorrente sono state inoltre addebitate le spese di giudizio, quelle del Ctu e quelle spettanti al consulente della controparte.
In più il tribunale, stabilendo che il marito della signora aveva intentato la causa sulla
base di una accusa palesemente infondata, lo ha condannato ad un cospicuo risarcimento economico
a favore della dottoressa citata in giudizio senza nessun valido motivo.
Questa notizia, forse giornalisticamente poco rilevante, non può comunque che risaltare in un panorama
globale nel quale di medici e medicine si parla per lo più in termini assolutamente negativi: se avesse avuto una diffusione maggiore, probabilmente avrebbe confermato l’usurato detto secondo il quale è l’uomo che morde il cane a fare notizia e non certo il contrario!