faccio accomodare una paziente (meno di cinquant’anni – età sotto la media del paziente che tipicamente affolla le nostre sale d’attesa) che intuisco essere affetta da malattia seria (donna giovane, taglio di capelli a spazzola = pregressa chemioterapia e conseguente caduta dei capelli; in genere non si sbaglia).
Così è, cancro della mammella diagnosticato anni addietro, metastasi ossee documentate da almeno 6 anni (non ha documentazione, me lo racconta a voce).
Il quadro ecografico è, purtroppo, suggestivo della presenza di metastasi epatiche che l’ecografia di un paio d’anni fa non segnalava per niente: quindi, evidentemente, qualcosa si sta muovendo (in peggio).
E’ molto serena: non rassegnata, sia ben chiaro, ma in qualche modo trasmette un’idea di tranquillità nonostante la notizia molto brutta che son costretto a comunicare.
La incontro, dopo poco, per strada, sta chiacchierando con una sua amica: la riconosco, la saluto, mi sorride, serenamente . . .
Quanto diverso l’atteggiamento rispetto ai tanti (prevalentemente donne, non mi dite che sono misogino) che arrivano preoccupati, terrorizzati ancor prima che si sia trovato nulla e spesso nulla gli si trova, ma terrorizzati sono, incapaci di dominare l’irrazionale paura di avere qualcosa . . . .
Eh però è difficile… capisco che il tuo ruolo sia quello di chi si attiene alle evidenze. Ma la paura è una brutta cosa. Farci i conti è difficile.
Difficile sì…credo che purtroppo le esperienze, negative in questo caso, facciano sì che l’essere umano si adatti a tutto…naturalmente se ha sufficienti neuroni per farlo 🙂
eh si
per lei (la paziente di cui racconto) tanto difficile
molto più difficile di tanti terrorizzati ma non malati . . .
e che dire di quegli amici/parenti/colleghi/conoscenti dei malati a cui il malato deve far forza?
non sarebbe il caso di crescere? (eh sì lo so purtroppo si deve crescere a comando anche se i progetti erano altri, ma la vita – che vuoi farci – è così…oh non ti lamentare anche di questo con il ‘tuo’ malato che – lui sì è costretto davvero – ‘tu’ almeno sei costretto solo a crescere e questo torna parecchio utile sempre).
scusate lo sfogo ma mi sembra proprio di sentirle quelle frasi che, anche quella donna – si sentirà dire mentre pensa ‘oh ma non sono io che dovrei essere consolata, mah?’
onore a lei e a tutta la sua forzutissima dignità e coraggio di andare avanti nel cammino.
ciao
ho visto anche questo
e lo dico avendone esperienza personale
Beh… la paura ce l’hai quando non conosci; se sai di essere malato, se sai di essere grave… forse riesci anche ad affrontare la cosa in modo sereno. O no?
@annika
nooooooooooooo!
se sai di essere grave e/o morire e/o subire le peggio cose non è automatico essere sereni. ci vuole forza. la paura si può avere anche di una cosa che conosci, forse proprio xchè sa cosa ti porterà e ti toglierà.
eh si
non posso che esser d’accordo con cri
A Napoli si dice ogni cap’ è nu tribunale ovvero ognuno reagirà a modo suo, e nessuno può dire con sicurezza come reagirebbe scoprendo di dover combattere in prima persona contro la malattia
ogni cap’ è nu tribunale. per questo volevo spezzare una lancia a favore dei terrorizzati/non malati 🙂 il dubbio ti rode dentro, la paura ti divora. Certo cri l’essere sereni non è automatico, figuriamoci!
Certo è che ci si rovina la vita senza motivo
Affrontare serenamente il dubbio è – a mio parere – molto più sensato, considerato che statisticamente la maggior parte dei terrorizzati che visito non ha la malattia che li terrorizza . . .
Sarei lieto di ospitare un intervento di CRI su questo tema, se ne ha voglia basta mi scriva
🙂
La paura di essere malati è spesso irrazionale, per quanto uno ripeta a se stesso che finché non ci sono gli esiti degli esami non si può dire niente, è una cosa che scatta da sola e secondo me no la puoi controllare.
Dipende dal carattere e da molti altri fattori (esperienze precedenti in famiglia, disturbi ansiosi ecc.).
Quando è molt oaccentuata diventa essa stessa una malattia.
Lucy
eh si
è proprio ciò di cui parlo
e ne parlo per esperienza diretta (sia dal punto di vista del medico che si relaziona con il malato che dal punto di vista del malato che si deve relazionare con il medico)
Sul fatto che non si possa assolutamente controllare: parliamone; forse un lavoro paziente, certosino può aiutare – non risolvere il problema, per carità – forse e sottolineo forse come dice Obama you can