la GRANDE necessità

the big necessity
the big necessity di Rose George

è il titolo di un libro-inchiesta sull’impatto ambientale delle deiezioni umane, sul consumo (spropositato) di acqua che è necessario al buon funzionamento del sistema di smaltimento fognario dell’Occidente industrializzato.

da Internazionale n.769
Ogni giorno tutti abbiamo a che fare con la sostanza più pericolosa della Terra. È un’arma di distruzione di massa che prolifera sotto i nostri occhi. Negli ultimi dieci anni ha ucciso più persone di tutte le guerre dopo quella scatenata da Adolf Hitler. Nelle prossime quattro ore ucciderà l’equivalente di due jumbo pieni di bambini. Non è l’antrace, il plutonio o l’uranio. Si chiama cacca, e siamo nel pieno di una tempesta di cacca. In occidente i sistemi per sbarazzarci con discrezione di quest’arma terribile stanno per collassare. Un quarto dell’umanità non ha mai usato un bagno funzionante. La storia della civiltà coincide con quella della separazione dell’uomo dai suoi rifiuti. Nel suo straordinario – e nauseante – The big necessity la giornalista britannica Rose George spiega che un grammo di feci può contenere “dieci milioni di virus, un milione di batteri, mille uova di parassiti e cento alrve di vermi”. L’ingestione accidentale di questo cocktail provoca l’80 per cento di tutte le malattie del pianeta. Una volta ho avuto un piccolo assaggio del problema. Qualche anno fa arrancavo su una collina di Caracas, in Venezuela, attraverso un grande quartiere tirato su alla meglio con bidoni, fango e avanzi di plastica. A un certo punto un sacchetto di plastica pieno di feci mi finì addosso e uno schizzo mi colpì sulla bocca. Non era un attacco contro l’intruso americano. In molte delle baraccopoli che sfregiano il Sudamerica non ci sono fogne e l’unico modo per eliminare gli escrementi è metterli in un sacchetto di plastica e gettarli via. Si chiama “gabinetto volante”. Oggi nel mondo due miliardi e 600 milioni di persone vivono così: ”Quattro persone su dieci non hanno nessun accesso a latrine, gabinetti, secchi o scatole. Niente”, spiega George. In un’inchiesta che l’ha portata dalla Gran Bretagna alle coste dell’Africa fino alle viscere della Cina, George indaga sulla lenta strada che ci ha allontanato da questa esistenza piena di cacca.
Il suo viaggio comincia a mezzanotte nelle fogne di Londra. Questa città sotto la città può essere mortale: le fetide nubi di acido solfidrico – il gas delle fogne quando i liquami si decompongono – soffocherebbero chiunque ci restasse intrappolato. Prima della costruzione di questi tunnel Londra aveva i “servizi igienici in loco”: un modo educato per dire che le persone defecavano in uno spazio coperto e appartato e poi le feci erano raccolte e vendute agli agricoltori come concime naturale. Ma all’inizio dell’ottocento la popolazione di Londra raddoppiò rapidamente e l’accumulo di escrementi diventò insostenibile. Farsi svuotare la latrina arrivò a costare uno scellino, il doppio del salario medio di un operaio. Così le persone cominciarono a gettare gli escrementi nel Tamigi, che ben presto diventò marrone. A metà ottocento le epidemie di colera uccidevano 14mila persone all’anno. Poi arrivò la “grande puzza” del 1858. londra era così maleodorante che le persone vomitavano per strada. Le tende della camera dei comuni furono intrise di cloro nel tentativo (fallito) di coprire il fetore. Alla fine arrivò l’ordine di trovare un sistema migliore, e uno degli eroi di Rose George entrò nella storia dell’umanità. Joseph Bazalgette era l’ingegnere capo del Metropolitan board of works e insieme alla municipalità di Amburgo fu il pioniere dei grandi sistemi di condutture urbane del nostro tempo. “Le sue fognature hanno salvato più vite di qualunque altra opera di ingegneria civile” osserva George con orgoglio. Ma c’è un problema. Per quanto ci piaccia scaricare acqua e dimenticarcene, gli escrementi non scompaiono. Il 90 per cento dei liquami del mondo finisce senza trattamento negli oceani, nei fiumi e nei laghi. I costi dell’invenzione di Bazalgette – all’altro capo della conduttura – sono diventati ineliminabili. Buona parte delle nostre acque luride viene pompata quasi intatta negli oceani, dove si stanno formando vaste zone morte uccise dai nostri germi. Il resto infesta le acque più vicine a casa nostra. Nel 1993, per esempio, un’epidemia di criptosporidiosi portata dalle feci ha ucciso 400 persone a Milwaukee e ne ha fatte ammalare 400mila. Si è scoperto che la città pompava i liquami “trattati” – in realtà trattati solo per alcune tossine e non per altre – nel lago Michigan e ne beveva l’acqua. “Tra tutti gli abitanti del pianeta, i cinesi sono quelli più a loro agio con i propri escrementi”, spiega George. Fanno i loro bisogni chiacchierando con gli amici, in latrine senza muri divisori. È per questo, forse, che i cinesi sono stati i più creativi con la loro cacca. A partire dagli anni trenta, hanno cominciato a trasformarla in elettricità. In Cina più di 15 milioni di case contadine sono state dotate di un grande contenitore privo di ossigeno, detto digestore, in cui si svuotani i pitali. La materia organica fermenta e produce un gas che può essere trasformato in elettricità ed è usato anche per i fornelli. Potrà essere nausenate, ma risparmia alle donne cinesi di spaccare la legna da ardere. Loro ne sono entusiaste. È questo il nostro futuro? Purtroppo la sua diffusione è limitata: se non si aggiungono abbondanti escrementi animali, le macchine non funzionano a lungo. C’è un sistema sicuro per usare le feci come fertilizzante? Alcune aziende statunitensi pensavano di si quando hanno cominciato a commercializzare i “biosolidi”, la melma secca prodotta dopo il trattamento dei liquami. Ma nel 1975 il capo della commissione tecnologia della divisione rifiuti pericolosi delle’Ente per la protezione ambientale ha ragginto una conclusione orripilante. Trasformare i liquami in fertilizzanti è “il sistema più efficace – a parte mangiare questa melma – per iniettare sostanze tossiche direttamente nel corpo umano”. Oggi è vietato in quasi tutti i paesi europei.
Intanto diventa sempre più urgente trovare il modo di raccogliere i liquami. Il sistema occidentale delle fognature consuma grandi quantità di due risorse preziose: l’energia e l’acqua. Dire che le guerre del futuro – a causa del riscaldamento globale e del rapido aumento della popolazione – saranno combattute per l’acqua è diventato un luogo comune, però è vero. Quando l’acqua è poca e costosa, il modello occidentale di eliminazione dei liquami è insensato. George sintetizza il nostro sistema con feroce sarcasmo: “Prendete dell’acqua potabile pulita, ci gettate dentro dello schifo e poi spendete milioni per pulirla di nuovo”. Un metro cubo di liquami può inquinare dieci metri cubi d’acqua: un rapporto insostenibile in un mondo sempre più caldo e che combatte per il controllo delle riserve idriche. Ed è un metodo che consuma anche molto energia. Un impianto pe il trattamento delle acque sporche consuma fino a 11,5 watt di elettricità per abitante, l’equivalente di un’intera centrale elettrica a carbone. Abbiamo bisogno di un’alternativa sicura per evitare di fare la pipì e la cacca in acqua. Ma quale? Gli ambientalisti incontrati da George “parlano di un futuro in cui si previene l’inquinamento con una specie di separazione alla fonte”. Questo ecoliquame si potrebbe ricavare a patto di rispettare due condizioni. Primo, dobbiamo cambiare i nostri gabinetti – e le nostre fognature – in modo che abbiano due canali, uno per l’urina e l’altro per le feci. Anche se può sembrare il contrario, l’urina inquina molto più delle feci. Se fosse convogliata in un sistema separato potremmo ridurre il consumo dell’acqua dell’80 per cento. La seconda condizione è più dura da accettare. Come a Londra prima che fossero costruite le fognature, dovremmo defecare in un contenitore e la nostra cacca dovrebbe restare lì in attesa di essere portata via. Le feci compiono un percorso strano e irrazionale che rispecchia quello altrettanto strano e irrazionale che fanno attraverso la nostra mente. Ma se vogliamo affrontare la crisi dei liquami – o risolvere quella che già da oggi uccide i bambini dei paesi i via di sviluppo – dobbiamo superare un’avversione dovuta alla nostra evoluzione e rafforzata dalla cultura. La rivelazione più incoraggiante del libro di George è che perfino quegli aspetti della defecazione che sembrano eterni e immutabili sono in realtà innovazioni recenti. Sessant’anni fa in Giappone, tutti si accoccolavano in pubblico su un pozzo secco. Oggi non lo fa più nessuno: in privato, usano tazze tecnologiche che ti lavano e asciugano il sedere e contemporaneamente suonano musica e riscaldano il sedile. La cultura del gabinetto può cambiare, e in fretta. I miei genitroi non avevano il bagno in casa quando erano piccoli e pensavano che la cosa fosse vagamente disgustosa (fare la cacca? Accanto alla cucina?). L’esaurimento delle riserve idriche – e un sistema di fognature che non sa più dove vomitare i suoi rifiuti – ci riporterà a mondi più antichi e più sporchi? Oppure faremo scelte più sostenibili prima che il sistema collassi e cominci a vomitarci addosso questo schifo? Tutte queste domande dimostrano quanto sia straordinario il libro di Rose George. The big necessity esamina un argomento che è un tabù, apparentemente eterno e familiare e ci fa capire che è storicamente attuale e molto affascinante. Jessica Mitford lo fece con il suo studio The american way of death, Michel Foucault lo fece con la Storia della follia nell’età classica. Rose George ha fatto altrettanto: uno scintillante manifesto defecatorio per l’umanità. Potrebbe concludersi con un appello stranamente trionfale, ripreso da un altro manifesto di tanto tempo fa: Cacatori di tutto il mondo unitevi! Non avete da perdere che la vostra diarrea, il vostro colera e i vostri oceani morenti.

Va beh, indubbiamente un libro strano ma che deve far riflettere sul fatto che viviamo, consumiamo (troppo) e sprechiamo allegramente anche per conto di tanti (miliardi) altri che hanno accesso a risorse molto più limitate delle nostre . . .

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