m’imbatto in un interessante articolo, di Christian Raimo su internazionale: si parla di morte, evento che talora accende l’interesse mediatico ma che nel privato ci è sempre più alieno.
La morte, scriveva Geoffrey Gorer in un saggio del 1955, è diventata pornografica. La stessa definizione che usava anche Philippe Ariés nella Storia della morte in occidente nel 1978: si muore da soli, negli ospedali, spesso in camere singole o nascosti da una tendina. La morte è un rito osceno e privato. Continua a esistere, possiamo conoscerla, saperla in tempo reale, ma scompare dalla nostra vista.
Ho visto, di recente, un ottimo film il cui tema è la morte: il protagonista sa di esser alla fine ed ha il coraggio di guardar la morte negli occhi. Bello, ben girato, ben recitato, mai melenso per cui se vi capita andate a veder Truman diretto da Cesc Gay con gli eccellenti Ricardo Darín e Javier Cámara impegnati a raccontar una storia molto intensa.
Da leggere, estremamente interessante, lo splendido articolo/confessione My Own Life di Oliver Wolf Sacks.