Restano delle perplessità su alcuni punti. Se come sembra andrà in porto si comincerà subito a lavorare sul successivo dove si prevede di meglio definire la «rivoluzione». Oltre alla ricetta online la riorganizzazione della medicina di base. In pratica, spariscono i «solisti». I medici dovranno partecipare a un gioco di squadra con pediatri e specialisti ambulatoriali e partecipare a quelle che in modo complicato vengono ribattezzate Uccp, unità complesse per le cure primarie, anche per assicurare la copertura dei pazienti 24 ore su 24. Nel governo precedente l’ex ministro della Salute preferiva chiamarle «case della salute». Esistono già esperienze ben avviate, ad esempio in Veneto e in Toscana, ma l’aggregazione in una sorta di poliambulatorio ha un carattere facoltativo, spiega Milillo. È uno dei tasselli di un piano più complessivo che prevede la riorganizzazione del sistema, basato sui servizi del territorio, oggi piuttosto sguarnito soprattutto al centrosud. Un progetto ad ampio respiro che comporta la chiusura dei piccoli ospedali con un numero di posti letto tale da non garantire sicurezza e qualità delle cure.
Il passaggio alla ricetta online non avverrà dal giorno alla notte perché dovrà essere predisposto un sistema da concordare tra Regioni e governo. Si calcola che oggi il 70-80% dei medici di famiglia siano informatizzati anche se non tutti usano il web correttamente o in modo efficace. «In Lombardia la ricetta elettronica è una realtà — dice Mauro Martini, presidente di Snami, che ha appena concluso il proprio congresso in Puglia —. C’è però il doppio binario. La carta non è stata sostituita perché non è stato risolto il problema legato alla firma elettronica, che manca di valore giuridico. In ogni caso la Regione mantiene il controllo delle prescrizioni. Per quanto riguarda le unità di cure primarie, l’associazionismo obbligatorio non è ben visto e non siamo convinti si tratti di un vantaggio per il cittadino».
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