Sei minuti di siesta e voilà: migliorano le prestazioni mnemoniche.
E’ il risultato di una ricerca dell’Università di Dusseldorf pubblicata dalla rivista New Scientist. Decine di studi avevano già messo in luce il rapporto fra sonno e memoria, e in particolare l’importanza del ciclo di sonno-veglia: i ricercatori hanno voluto vedere quale fosse il tempo minimo di sonno necessario perché il cervello potesse processare i dati da assimilare. La ricerca prevedeva la memorizzazione di una lista di parole, con un’ora di pausa prima di un test di memoria: durante l’ora di attesa una parte del gruppo è stata tenuta sveglia, mentre a una seconda è stato permesso di dormire per un massimo di sei minuti; proprio questo secondo gruppo ha fatto registrare i risultati migliori.
Si tratta di un esito sorprendente perché la maggior parte delle teorie ritiene che i processi di immagazzinamento dei dati abbiano luogo in una fase di sonno profondo che normalmente non viene raggiunta prima di una ventina di minuti di sonno; tuttavia, secondo i ricercatori, è possibile che l’addormentarsi metta in moto un processo mnemonico che non si interrompe anche se si viene risvegliati dopo breve tempo.