siccome nessuno, all’università, t’insegna ad affrontare queste situazioni un paio d’anni fa frequentai un corso di comunicazione della diagnosi.
Chi può realmente dire quale sia il migliore dei modi per gestire la comunicazione e la relazione – in situazioni critiche – con il paziente considerata la virtualmente infinità varietà delle persone e situazioni che possono capitare ?
Difficile comunicare al paziente il sospetto che qualcosa di serio sta capitando; o meglio comunicare che sospetti che stia accadendo (sapendo che magari invece sta accadendo qualcosa di meno serio) e stimolare a procedere con l’approfondimento per aver conferma di quanto si sospetta e prendere gli adeguati provvedimenti terapeutici e nel frattempo non terrorizzarlo.
Ieri ho dovuto comunicarlo e la paziente era relativamente tranquilla; la figlia della paziente invece era nel panico, mi martellava di domande – anche mentre effettuavo l’esame, anche se le avevo detto di darmi il tempo di terminare prima di arrivare alle conclusioni – a cui io rispondevo cercando di comunicare comunque il dubbio (raramente ci sono certezze e bisogna trasmettere il senso della ragionevole certezza di ciò che si sta comunicando mantenendo uno spazio di manovra chè talvolta le cose poi risultano esser diverse da come le si immagina) che si potesse trattare di qualcosa di meno grave.
Di fatto mi son trovato a gestire il panico ed una raffica di domande da parte della figlia che voleva sapere riguardo alla peggiore delle ipotesi (da cui poi il ma lei mi sta terrorizzando!) e la relativa calma della mamma che – eventualmente – dovrà affrontar l’itinerario della malattia.