Riporto un post da un altro blog, che richiama riflessioni che ho già fatto in passato.
L’altro giorno ero a seguire l’assemblea di ateneo a Firenze convocata dai ricercatori sul decreto collegato alla Finanziaria, cioè su qualcosa che come ha detto uno “non è una riforma, ma il lanciafiamme puntato sull’università”. C’erano una cinquantina di persone (le facoltà sono 11), compreso uno studente. Qualcuno si è quasi rallegrato. “Be’ per essere luglio…non siamo pochi”. Nooooo? Il fatto è che poi, ripensandoci, aveva forse anche ragione: “Da qualche parte bisogna cominciare a mettersi in movimento”. Cinquanta persone hanno approvato un documento che invita tutti i ricercatori ad astenersi dalla didattica, a rifiutare le supplenze dei corsi se il governo non rinuncia ai tagli e al resto che passa come “smantellare l’università pubblica”. “Se ci fermiamo noi non si inaugura nemmeno l’anno accademico” ha detto un altro. Vero, a meno che gli atenei non somministrino dosi massicce (là dove possono) di professori a contratto (tariffe variabili, anche mille euro lorde a corso con la clausola che dice, si paga solo se la facoltà ha i soldi disponibili).