Ho visitato una ragazza minorenne che qualche mese fa aveva avuto un aborto (interruzione volontaria di gravidanza -IVG) e quindi riporto un pò di dati a riguardo per riflettere sull’entità del problema.
In Italia gli aborti volontari sono diminuiti dal 1982 al 2006 del 44,6%: sono state notificate 130mila interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) nel 2006 con un tasso di abortività di 11,2 per 1000 donne della fascia d’età di 15-44 anni ma da giugno 2006 a luglio 2007 sono state vendute, per la contraccezione d’emergenza, 356mila pillole del giorno dopo, circa mille al giorno (+57% in 7 anni). Il levonorgestrel va assunto preferibilmente entro 12 ore dopo un rapporto non protetto e comunque non oltre le 72 ore dallo stesso alla dose di due compresse insieme da 750 microgrammi in qualsiasi momento del ciclo.
In caso di vomito entro tre ore dall’assunzione la dose va ripetuta.
Oltre alla controversia mai spenta sulla questione della tutela della vita dell’embrione e del feto, è arrivato negli ospedali italiani il mifepristone per indurre l’aborto, chiamato anche RU486 e già utilizzato come alternativa all’aborto chirurgico in USA, Francia, Svezia e Gran Bretagna. Il rischio di mortalità materna entro le 8 settimane gestazionali è risultato simile con entrambe le procedure e è stimato di circa 0,1 per 100.000 donne che si sottopongono ad aborto.
La somministrazione orale di una singola dose di 200 mg di mifepristone, seguita dopo 36-48 ore da una singola dose di 800 mg di misoprostol per via vaginale, provoca l’aborto medico entro le nove settimane di gravidanza. L’uso sequenziale di questi farmaci è stato approvato dall’ente americano di controllo sui medicinali FDA per aborto medico fino al 49° giorno a partire dall’ultima mestruazione.
Il confronto tra le due opzioni per l’induzione dell’aborto nella stessa epoca gestazionale non ha mostrato differenze significative di rischio nei paesi dove il mifepristone è già in uso, ma ha rilevato latendenza delle donne ad ottenere l’aborto in epoche gestazionali più precoci.
Questi dati dimostrano che sono ancora molte le donne che ricorrono “dopo” ai metodi di induzione dell’aborto, piuttosto che “prima” alla prevenzione delle gravidanze indesiderate mediante l’uso di metodi contraccettivi, compresi i preservativi che riducono anche il rischio sottostimato di malattie a trasmissione sessuale.
La vendita di preservativi dal 1995 al 2005 è aumentata in Italia di soli 2000 pezzi l’anno, passando da 98.200 a 100.200 e le malattie a trasmissione sessuale in Italia sono in aumento. Il Ministero della Salute ha attivato un numero verde 800.861.061 per informare i cittadini su quali sono i rischi infettivi e come prevenirli.
Il 55% delle acquirenti della pillola del giorno dopo ha meno di 20 anni d’età. Un’inchiesta tra gli adolescenti del Nord-Est ha rilevato che il 64% delle ragazze e l’86% dei ragazzi non sa neppure dove siano i consultori familiari.
Ciò fa riflettere sulla attuale carenza di informazione e sull’inadeguatezza delle politiche di educazione alla contraccezione preventiva e alla maternità responsabile.
interessantissimo post. Sono molto sensibile all’argomento bioetica (anche causa università) e l’obiezione di coscienza all’aborto è stato oggetto di una mia ricerca. I dati che vengono qui riportati fanno riflettere molto, ne prendo atto e ringrazio l’autore!
vagnone.wordpress.com
ogni tanto bisogna fermarsi a riflettere e fare il punto: e questo è il modo di fare il punto, capire l’entità (numerica) e la gravità (sociale) del problema – indipendentemente dalle idee di parte . . .