Sempre più incredibile: avevo già parlato di nuove frontiere dei trapianti qui
A 10 anni dal primo trapianto di mano al mondo, eseguito nel 1998 a Lione, Marco Lanzetta, direttore dell’Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza annuncia: “Tecnicamente siamo pronti per il primo trapianto di mano al mondo su un neonato. Non abbiamo ancora identificato alcun candidato – precisa l’esperto in un incontro oggi a Milano – e l’operazione sarebbe riservata a casi selezionatissimi”. Per procedere a un intervento tanto delicato “dovrebbe ovviamente valerne davvero la pena – aggiunge – ma vi sono bimbi con malformazioni congenite agli arti, in cui un intervento del genere sarebbe giustificabile”. Certo previo consenso dei comitati etici, “ma non credo vi siano riserve”, dice. “Un’idea – continua – sarebbe quella di creare un centro europeo coordinatore, per non disperdere energie e risorse”. Anche il trapianto nei bimbi, come quello sull’adulto, “sarebbe rimborsato al paziente”, assicura Lanzetta. Che prosegue: “Se 10 anni fa l’idea di operare su un bambino sembrava poco realizzabile, oggi non è più così”. Da un lato, “almeno finora l’esperienza ci ha insegnato che la terapia antirigetto post-intervento, se viene seguita bene dal paziente, è anche ben tollerata e sicura”. Dall’altro, mentre un tempo si pensava che nei bambini nati senza una mano non vi fosse, a livello della corteccia cerebrale, la memoria dell’arto mancante, “è stato provato il contrario. Di interventi di microchirurgia sui bambini se ne fanno molti – ricorda Lanzetta – per esempio per trapiantare dita dal piede alla mano. E dopo l’intervento questi bimbi non hanno bisogno di alcuna riabilitazione, a dimostrazione del fatto che il cervello dei bambini è talmente plastico da adattarsi benissimo alla novità”. Finora i trapianti di mano eseguiti in tutto il mondo sull’adulto sono 43, di cui tre in Italia a opera di Lanzetta. “La tecnica è ormai matura – afferma Lanzetta – Tutti i pazienti hanno recuperato la sensibilità e la funzionalità dell’arto nuovo, e l’unico insuccesso rimane a oggi il caso del primo uomo neozelandese operato a Lione, che ha interrotto la terapia antirigetto costringendo i medici a praticargli un’amputazione”. Anche sul fronte della terapia immunosoppressiva, che al momento il trapiantato deve assumere a vita, “sono stati fatti grandi passi avanti nella progressiva riduzione dei dosaggi”. E nel caso di un futuro intervento sul neonato, “utilizzeremmo dosi di antirigetto molto basse, in linea con quelle prescritte ai pazienti trapiantati al rene”, che assumono i dosaggi più ‘light’. All’interno dei 14 centri internazionali che tra Europa, Usa e Cina effettuano trapianti di mano, “siamo in due o tre assolutamente convinti che, quando serve davvero – ribadisce l’esperto – il trapianto di mano nei bambini sia ragionevole”. All’Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza ha sede il Registro mondiale dei trapianti di mano e tessuti composti, e Lanzetta non nega che, proprio per i criteri di selezione severissimi, “abbiamo sempre meno pazienti. In questo senso – riflette – un trapianto di mano sul bambino sarebbe ancora più complicato, perché i donatori pediatrici sono pochissimi”. Ecco perché, anche per fare ‘massa critica’ e raggruppare le casistiche, “pensiamo a un unico centro europeo che coordini in un unico luogo questo tipo di attività”. Anche Lanzetta, infine, per il futuro guarda con interesse a un possibile ‘arto bionico’. Su questo punto il chirurgo preferisce non anticipare nulla e rimanda ai prossimi giorni le domande dei giornalisti. “Posso solo dire che sull’arto bionico lunedì ho in programma un incontro con alcuni ricercatori svedesi”, conclude.