il sito internet della condotta Fiorentina di Arcigola Slow-Food
LE DONNE DEL VINO

Tre brave produttrici, ma soprattutto tre grandi personaggi che con il loro carisma hanno saputo catturare l'attenzione di tutti i partecipanti alla degustazione. Del resto, con tre vini del calibro del Terre Alte, Veneroso e Montevetrano, non era certo difficile conquistare il nostro pubblico fatto di appassionati e attenti degustatori.

ELDA FELLUGA:
TERRE ALTE

Inizia Elda Felluga con la sua grande carica di simpatia. Il primo intervento è dedicato al padre Livio, classe 1914, uno dei grandi della viticoltura italiana di qualità. Elda racconta della sua famiglia, della terra friulana e della scommessa fatta da suo padre Livio che in anni difficili (l'immediato dopoguerra) ha puntato tutto sulla qualità del suo vino investendo soldi ed energie nei vigneti delle colline tra Gorizia e Udine (oggi Collio e Colli Orientali del Friuli). La Livio Felluga conta oggi poco meno di 150 ettari di vigneto, con alcuni dei più rinomati e prestigiosi cru della zona. Da queste magiche terre, da sempre vocate alla produzione dei migliori bianchi italiani, nasce il Terre Alte, uno dei vini più apprezzati da pubblico e critica. Si tratta come spiega Elda, di un blend di uve tocai, pinot bianco e sauvignon. Ogni vitigno, come ben sanno i produttori friulani maestri in uvaggi, apporta qualcosa: il tocai (da qualche anno con breve passaggio in legno) mette la struttura, il pinot bianco dona l'eleganza, il sauvignon la sua aromaticità. A proposito di tocai, Elda dice che la partita sul nome non è ancora persa. Per la cronaca, i viticoltori friulani rischiano infatti di dover cambiare nome al vino più tradizionale della loro terra (il Tocai Friulano appunto) solo perché uguale a quello di un altro vino, ungherese (il Tokay), che tra le altre cose manco utilizza nella sua produzione il suddetto vitigno. Brutti scherzi giocati da un parlamento, quello europeo, abituato spesso a decidere sulla carta senza conoscere le realtà di una terra e della sua storia. Elda Felluga ha un legame con la Toscana. Il suo tecnico infatti è uno dei Wine-makers più famosi della nostra regione, Stefano Chioccioli, enologo di fama internazionale. Si chiude con una considerazione, fatta a voce alta e non certo per compiacere Elda presente in sala: se dovessimo scegliere cinque bianchi a rappresentare l'Italia nel mondo, uno dei cinque (ed incredibilmente avremmo difficoltà a raggiungere tale numero) sarebbe, per costanza qualitativa, longevità e piacevolezza, senza ombra di dubbio il Terre Alte.

GINEVRA PESCIOLINI:
VENEROSO

Ginevra giocava in casa essendo chiamata a rappresentare la viticoltura della nostra regione, ovvero la Toscana. Lo ha fatto, e non ne avevamo dubbio, in maniera egregia. La storia della Tenuta di Ghizzano rappresenta, se si vuole, il percorso verso la qualità compiuto da molte aziende della nostra regione nel corso dell'ultimo decennio. Anche qui, fino alla fine degli anni ottanta si guardava più alla quantità che alla qualità. I primi accenni di crisi colpiscono duro la viticoltura toscana, a maggior ragione quella di zone prive di nome e tradizione quali sono le Colline Pisane. Ad inizio anni 90' i problemi di salute del padre costringono Ginevra, avviata ad una brillante carriera nel mondo dell'editoria, a rientrare a Ghizzano. Ignorante in materia di cloni, rese, fermentazioni e barrique, Ginevra si occupa inizialmente di amministrazione e finanza. Dopo poco però, folgorata dal vino, abbandona bilanci e numeri per trasformarsi in breve in Vignaiola. Sono oramai passati circa 10 anni dal suo rientro a Ghizzano ed oggi l'azienda veleggia sicura verso continui successi. A far da spalla a Ginevra da qualche anno un enologo del calibro di Carlo Ferrini, uno dei Wine-makers più celebrati ed apprezzati del momento. I due vini aziendali hanno già fatto lungamente parlare di se: il Veneroso, dal nome della casata nobile da cui Ginevra discende (i Conti Venerosi), ed il Nambrot. Sul primo di questi abbiamo focalizzato la nostra attenzione degustando la recente annata 1999. Al di la delle schede di valutazione e dei punteggi, che per una volta vorremmo evitare, ci piace notare come il vino rispecchi in pieno il carattere del suo produttore. L'eleganza e la classe i Ginevra sono infatti perfettamente espresse, a sua immagine e somiglianza, nel bicchiere di Veneroso 99 davanti a noi. Alla "Contessina" Ginevra dunque un doppio inchino: il primo per il suo status di "nobildonna", il secondo (certo a lei il più gradito) per la qualità inappuntabile dei suoi vini.

SILVIA IMPARATO:
IL MONTEVETRANO

Come nasce un mito? Lo abbiamo chiesto a Silvia Imparato, fotografa prestata al mondo del vino, che con il suo Montevetrano ha in pochi anni conquistato gli onori di pubblica e critica. Sembra incredibile ma tutto è nato quasi per caso. Millenovecentonovantuno: per il divertimento suo e degli amici, Silvia trasforma un piccolo appezzamento di terreno nella sua tenuta di Montevetrano in un curatissimo vigneto. L'idea e quella di produrvi un vino da bere a casa e regalare agli amici in occasione delle feste. Il successo arriva subito, forse inatteso, ma sicuramente meritato. Complice il tam tam della stampa, le poche centinaia di bottiglie prodotte diventano un vero e proprio oggetto culto per gli enofili di mezzo mondo. Silvia si trova a dover gestire la difficile transizione tra l'hobby del vino e la produzione organizzata. Renzo Cotarella, amico di famiglia ed "aiutante" della prima ora, la segnala al fratello Riccardo che diventa l'enologo referente di Montevetrano. Passano gli anni, continuano i successi e, per nostra fortuna, aumentano le bottiglie. Le risicata produzione dei primi anni ha subito via via significativi incrementi grazie ai nuovi vigneti. Le quasi 21.000 bottiglie odierne certo non saziano la sete del mercato ma rendono meno "introvabile" uno dei pochi vini italiani capaci di sfidare ad armi pari e sul proprio campo un grand cru di Bordeaux. Montevetrano nasce da un assemblaggio di tre uve. Al Cabernet (60% circa) ed al Merlot (30% circa) si fonde una percentuale minoritaria ma importante di Aglianico Taurasi, tutte "elevate" in barrique per circa 12 mesi. Non è mai facile imporsi all'attenzione del pubblico e della critica enologica con un taglio bordolese, si rischia l'omologazione la concorrenza di mille altri vini prodotti nelle più disparate parti del mondo ove cabernet e merlot hanno trovato facilmente casa. A Silvia il merito, non da poco, di aver saputo dare un carattere ed una personalità unici al suo Montevetrano. Forse abbiamo perso una valente fotografa ma il mondo del vino ha acquistato una grande produttrice come poche altre ce ne sono nel nostro paese.

home | Le donne del vino | Osteria di Passignano

Testi e foto: Daniele Bartolozzi e Francesco Ceccarelli

il sito internet della condotta Fiorentina di Arcigola Slow-Food
Web Design by Sabino